4. Senso di colpa
Barbara è mamma di due ragazzini bellissimi ai quali dedica ogni ora della giornata. Flavio è un bambino “diverso” che ha bisogno di attenzioni e cure costose che, almeno in Campania, il servizio sanitario nazionale non garantisce. Il Diario di una mamma geneticamente incompatibile racconta il dramma della solitudine nel quale sprofondano i genitori alla ricerca disperata di sovvenzioni statali e strutture mediche qualificate.
Cosa abbia nostro figlio dal punto di vista clinico ancora non ci è ancora chiaro.
Il mio compleanno è passato in secondo piano, eppure Mirko, mio marito, insiste per andare a cena insieme, io e lui da soli. Lo accontento ma non ho più voglia di festeggiare, ma neanche di piangere. Voglio solo spaccare tutto e urlare di rabbia. E non bastano le sue premure a farmi trascorrere una bella serata. Nel suo cuore porta lo stesso peso che ho io, ma darebbe la vita per farmi contenta. Lo apprezzo ma sono infelice come mai prima. Eppure dopo la lunga malattia di mio padre e la sua dipartita; dopo aver perso il mio primo bambino e poi anche il terzo, credevo di aver già affrontato il dolore. Stavolta però è peggio. Stavolta la cosa riguarda il mio bellissimo figlio, le sue capacità e il futuro. La creatura più tenera e innocente che abbia mai conosciuto ha bisogno di me.
Il cameriere ci porta pietanze gustose e spiritose ma trovo da ridire su tutto. Non sono i cannolicchi troppi grandi o il pesce al sale cotto con troppo sale o il dolce troppo dolce a darmi fastidio. Quello che mi da fastidio è che non mi ero sbagliata su mio figlio. Un particolare che non mi dà sollievo, anzi, raddoppia il mio senso di colpa.
Qualche giorno dopo, neanche la festa già programmata per i miei quarant’anni riesce a portarmi via il magone che sento dentro. Indosso il mio sorriso migliore: ma, quella sera, proprio come il vestito e le scarpe con i tacchi alti, mi sta stretto. Ho intorno a me tanti amici: ho invitato anche quelli che non vedevo da tempo ma che hanno significato qualcosa nella mia vita. Potrebbe essere tutto perfetto come sembra. Ma non lo è. Non per me che continuo a fingere mentre loro si divertono.
Sono arrabbiata con me stessa: le colpe di una situazione che non conosco ancora, sono solo mie. Mi sento perfino stupida.
“Che cosa ho da festeggiare?”, mi chiedo a mezza voce. “È una vita che mi sento dire che sono intelligente, che sono una tipa sveglia, che sono in gamba. Di fronte alla condizione di mio figlio, ho scoperto di non esserlo mai stata”.
Arrivo a pensare che tutta la mia vita è stata un inganno, che ho sempre interpretato un ruolo perfino nel lavoro. Aveva sempre funzionato. Stavolta no. Stavolta sono stata una stupida. Un’inetta.
“Sono una pessima madre”, mi ripeto. “Anche se faccio da mangiare e mi occupo dei miei figli, sono una pessima madre”.
Ma i dubbi e il dolore che mi porto addosso, non azzerano la realtà. Forse non sarò molto intelligente, ma adesso il mio splendido bambino ha bisogno di una mamma integra. Una mamma tutta per sé. Una mamma-donna che impari a guardare in faccia la paura del diverso e a viverlo fino in fondo.
Sognavo l’America. Sognavo un’altra vita, in giro per il mondo con il portatile in una mano e la telecamera nell’altra. Invece, per amore della famiglia, o forse per comodità, ho deciso di farmi parcheggiare in una redazione di provincia, a due passi da casa. Ho chiuso per sempre le valigie e non sono mai partita. Poi al lavoro ho preferito i figli. E oggi mi ritrovo a fare la casalinga disperata con la laurea in tasca e i sensi di colpa che mi rodono l’anima. Il più grande di tutti, riguarda Flavio: “Se avessi capito in tempo. Se non mi fossi fatta convincere che era normale.. se fossi stata davvero intelligente.. se..”.
4 – Continua
Leggi anche