Intervista ad Antonella Morea: "C'è l'amore che provo per Gabriella Ferri nello spettacolo che metto in scena all'Ethnos club".

Antonella MoreaNasce da un amore “viscerale” per Gabriella Ferri, lo spettacolo Io la canto così che Antonella Morea ha scritto a quattro mani con il regista Fabio Cocifoglia, per raccontare, attraverso la musica, la storia della cantante romana. Un recital, a quindici anni dalla morte dell’artista, che propone i brani più celebri ma anche le emozioni, i pensieri più intimi e il “male di vivere” che opprimeva la Ferri, “una voce, una faccia, un clown”, come la definì Federico Fellini. Un vero tributo, in programma all’Ethnos Club di Torre del Greco diretto da Gigi Di Luca, domenica 28 aprile alle 19, che ripercorre, con uno spettacolo autentico ed essenziale, la carriera di un’artista eccessiva, un pagliaccio eccentrico. Un vero atto d’amore per la cantante del Testaccio, che ha portato canzoni e stornelli romani in giro per il mondo. Sul palco con la Morea ci saranno Franco Ponzo alla chitarra e Vittorio Cataldi alla fisarmonica e al violino.

Antonella Morea.jpg“Avevo meno di diciassette anni quando ho iniziato a imitare Gabriella Ferri”, racconta Antonella Morea. “A diciotto anni cantavo le sue canzoni nei locali, accompagnandomi con una chitarra. Mi ha folgorata: la emulavo sul palco e nella vita. Mi truccavo, tingevo i capelli e portavo perfino la frangetta come lei. Provavo un amore viscerale per quest’artista che sapeva rimaneggiare le canzoni con maestria interpretandole con grande sensibilità e passione”.

Quasi un rifugio per l’adolescente Antonella Morea, che pur essendo nipote del cantante Renato Carosone, non era abbastanza cosciente delle capacità artistiche che l’avrebbero portata a cavalcare i palcoscenici più prestigiosi: una consapevolezza arrivata dall’incontro con Peppe Barra e dall’ingaggio per la Gatta Cenerentola di Roberto De Simone.

“Solo allora”, aggiunge Antonella Morea, “ho capito chi ero veramente e che cosa avrei potuto fare. Solo allora sono riuscita a togliere la maschera della Ferri e a essere me stessa fino in fondo”.

Da quel momento, Antonella Morea ha recitato e cantato indossando gli abiti di decine di personaggi: dalla “Mamma” di Annibale Ruccello a Mrs Brill, la cuoca di casa Banks in Mary Poppins. Fino alla esilarante mamma del Sud di Casa Surace.

Ma da chi nasce l’idea di realizzare un recital su Gabriella Ferri?

“Dal regista Fabio Cocifoglia che quando me l’ha chiesto mi ha resa felice. In questo spettacolo parlo della Ferri all’apice della carriera e di me che iniziavo a muovere i primi passi sul palcoscenico. Ci incrociamo solo in quel momento. Poi lascio spazio a lei, al racconto della sua vita artistica, alle storie delle canzoni come Er Zelletta nella quale confessa di aver perso la verginità per mano di un ragazzino di borgata, fino al tragico volo di quel 4 aprile del 2004″.

Ha mai incontrato Gabriella Ferri di persona?

“Una sola volta durante una tournée, in un negozio, ma non ho avuto il coraggio di avvicinarmi e spiegarle chi ero: si vedeva chiaramente che non stava bene, soffriva del male di vivere ed era gonfia per gli psicofarmaci che prendeva. Ma pur non avendola conosciuta personalmente ho interiorizzato qualsiasi aspetto di lei che non temeva la fine perché la morte rappresentava la rinascita”.

Che cosa c’è di Gabriella Ferri in Antonella Morea?

“Entrambe siamo alla ricerca di emozioni e di verità”.

E quanto Antonella Morea somiglia alla mamma del Sud di Casa Surace?

“Quel personaggio mi appartiene tanto: vivo nel cuore di Napoli, a due passi dalla Ferrovia, sul Rettifilo e mai penserei di allontanarmi dalla mia città. Sono una donna semplice: vado a fare la spesa come tutti e sono l’anti-diva per eccellenza. Amo stare in casa con la famiglia e circondarmi di belle persone. Ma non sono mamma e sono singol per scelta”.

Mariella Romano

Giornalista freelance, ho imparato il mestiere di cronista consumando le suola delle scarpe. Non canto storie, scrivo ciò che vedo e racconto l’umanità che incontro. Non sopporto i numeri. Non so fare equazioni e conti e, in un mondo di variabili, alla ragione preferisco il cuore. Mi piace, assai, la terra in cui vivo.

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