"Visse d'arte, visse d'amore". L'ultimo abbraccio a Pierino Vitiello, attore, poeta e cultore della Napoli teatrale.

pierino.jpg“Visse d’arte, visse d’amore”. Quattro parole, scelte dalla famiglia per annunciarne la morte, spiegano chi è stato Pierino Vitiello, attore, poeta, insegnante e cultore della Napoli antica, della Napoli buona e soprattutto della Napoli teatrale. Se n’è andato alla soglia degli ottanta’anni, circondato dal vero abbraccio delle persone che gli hanno voluto bene. Non solo la moglie Gelsomina, la figlia Rita e i nipoti, ma anche i “figli” di scena, quegli attori che hanno iniziato con lui a recitare e che ancora oggi conservano, quasi come una reliquie, l’esperienza che Pierino, come tutti lo chiamavano, ha saputo trasmettere senza mai ergersi ad insegnante saccente.

pierino2Negli ultimi tempi, quando il tempo dava a tutti  la netta sensazione di scivolare via troppo in fretta, sono passati in tanti al suo capezzale: da Antonello Aprea a Rosalba Pernice. Qualcuna tra le sue “allieve” più devote, s’è praticamente trasferita a casa del “professore”, restando accanto al maestro o seduta ai piedi del letto, fino all’ultimo respiro. Proprio come hanno fatto Maria Ventriglia, con la sorella Lucia, attrici della compagnia Aedi Antiqui fondata da Pierino Vitiello. Fino alla fine, hanno condiviso con Gelsomina e Rita, sospiri, malinconie, paure e dolori dell’uomo, del marito, del padre e dell’artista che le stava salutando.

“Per giorni e fino all’ultimo momento di lucidità”, ricorda Maria Ventriglia, “il professore ha continuato a ripeterci che il suo unico desiderio era quello di portare di nuovo in scena una delle sue commedie preferite, La Santarella. Purtroppo è andata diversamente, ma faremo in modo che nulla di ciò che ha realizzato in vita, vada disperso. Non ho detto addio solo ad una persona di teatro”, aggiunge Maria Ventriglia, “ho perso soprattutto un caro amico. Io e mia sorella lo conosciamo da sempre e gli abbiamo voluto un gran bene. Non si è mai voluto piegare alle leggi del teatro moderno dove la volgarità è di casa. Lui ha sempre preferito la vecchia scuola, quella scarpettiana, dove c’era garbo e venature che lasciavano intendere e sorridere. Era contrario agli spettacoli lunghi e ai gesti volgari. Diceva che le persone dovevano alzarsi dicendo “Peccato che sia finito”. E poi, non consentiva agli attori che recitavano con lui di vendere i biglietti per riempire il teatro. Ripeteva a tutti: devono venire per piacere, non per obbligo. Come è accaduto durante la sua malattia: in tanti sono venuti a salutarlo per amore, non per obbligo”.

Pierino Vitiello e mio padre Gianni Pernice, hanno fatto la storia del teatro popolare torrese”, dice l’attrice e regista Rosalba Pernice. “Insieme, hanno portato in scena la mitica Cantata dei Pastori: Pierino Vitiello interpretava un grande Razullo e mio padre Gianni, Armenzio. E insieme hanno condiviso la passione del canto lirico e della musica classica. Spero solo che la memoria delle loro azioni possa essere di insegnamento per noi che facciamo parte del tessuto culturale di Torre del Greco”.

“I ricordi legati a Pierino”, racconta Antonello Aprea, “risalgono a quando ero piccolo. I miei familiari notando la passione che avevo per il teatro, mi dicevano spesso che dovevo andare da Pierino Vitiello e così avvenne. Appena iniziai a frequentare l’Istituto d’arte dove lui lavorava, timidamente mi presentai. Pierino ha dato luce e lustro alle commedie del grande Eduardo Scarpetta in particolare La Santarella che metteva in scena in modo magistrale. E Pierino fu anche inviato da Luisa Conte a rappresentare la sua Cantata dei Pastori al teatro Sannazaro alla mezzanotte del 25 dicembre, proprio come si usava fare nell’Ottocento. Un artista che ha davvero fatto la storia del teatro a Torre del Greco. Per questo dedicheremo a lui lo spettacolo La duchessa di Forcella che mettiamo in scena stasera, 23 marzo, al teatro don Orione di Ercolano”.

I funerali si terranno domenica 24 marzo alle 13 alla chiesa di Sant’Antonio di Padova a Torre del Greco.

Mariella Romano

Giornalista freelance, ho imparato il mestiere di cronista consumando le suola delle scarpe. Non canto storie, scrivo ciò che vedo e racconto l’umanità che incontro. Non sopporto i numeri. Non so fare equazioni e conti e, in un mondo di variabili, alla ragione preferisco il cuore. Mi piace, assai, la terra in cui vivo.

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