Muore per Covid, sparita la borsa con soldi, cellulare e catenina. La famiglia denuncia
“Assurdo che tutto ciò sia avvenuto in un reparto chiuso al pubblico”.
Sono misurate, ma cariche di dignità e di rabbia, le parole che usano per denunciare l’oltraggio alla morte, i familiari dell’ispettore marittimo di Torre del Greco, Luigi Rivieccio – finito per Covid 19 (Leggi qui l’articolo) lo scorso 20 aprile all’ospedale di Castellammare di Stabia. In un momento di buio pesto per il cuore; quando il dolore richiede carezze e l’unico filo a rimanere teso è quello dei ricordi, la moglie Maddalena e i figli Maria e Francesco, sono stati colpiti e feriti dall’infima azione di chi ha fatto sparire la borsa con gli effetti personali del marito e del papà: il cellulare con le foto che raccontavano l’intimità familiare; una catenina d’oro con l’immagine della Madonna dalla quale non si separava mai; un bracciale, cinquanta euro e i documenti personali.
Il peggiore degli scempi si sarebbe consumato all’ospedale san Leonardo di Castellammare di Stabia, probabilmente nelle prime ore del mattino di lunedì, sulla salma ancora calda di Luigi Rivieccio che avrebbe compiuto sessant’anni a settembre, se il Coronavirus non l’avesse ucciso prima. Una brutta storia che vanifica il lavoro immenso di medici, infermieri e operatori sanitari impegnati ad assistere i malati, in prima linea nella battaglia contro il Covid 19. Un sacrificio fisico e morale che anche i familiari dell’uomo – che è stato ricoverato in due diverse strutture – riconoscono senza mezze misure: “Nei giorni di degenza tra il Covid Hospital di Boscotrecase e l’ospedale San Leonardo di Castellammare”, spiegano in una lettera, “abbiamo potuto sperimentare l’apprensione, la professionalità e l’umanità dei medici e per questo diciamo grazie per tutto quello che hanno fatto, fino alla fine, per Luigi”.
Ma ciò che è accaduto dopo la morte è stato – se possibile – ancora più devastante: “Purtroppo, quando viene a mancare una persona cara, senza neppure immaginarlo una settimana prima, il dolore è immenso. Immenso perché non hai la possibilità di stargli accanto; immenso perché non puoi dargli l’ultimo bacio o carezza. Questo dolore diventa ancora più grande quando non puoi stringere a te neppure gli effetti personali più cari: i documenti, la catenina che portava sempre al collo, il bracciale o il telefono nel quale si conservano le foto ricordo dei momenti felici trascorsi insieme”.
Un’azione vile, da sciacalli, sulla quale la famiglia Rivieccio ha chiesto, inutilmente, ai vertici dell’ospedale di Castellammare, di fare chiarezza: “Ci è sembrato di assistere a una partita di ping-pong. Nessuno ha saputo dirci dov’è finita la borsa con gli effetti personali: anzi, ogni paio d’ore ci arrivava una diversa versione dei fatti. Eppure non siamo in piena crisi da giustificare una mancanza di diligenza: in terapia intensiva c’era Luigi e nessun altro. Ma la verità sembra essere davvero lontana quando c’è da assumersi una responsabilità e da ammettere errori e disattenzioni”.
Intanto, la famiglia Rivieccio che al dolore per la morte ha dovuto aggiungere il peso per la scomparsa di ciò che apparteneva all’uomo, nelle prossime ore presenterà una formale denuncia agli organi competenti: “Non lo facciamo”, concludono la moglie e i figli i Luigi Rivieccio, “per il valore materiale, pur elevato degli oggetti, ma per il valore affettivo. E poi speriamo che un episodio tanto increscioso, avvenuto poche ore dopo il decesso in un reparto vietato agli estranei, non si ripeta più”.
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