Foto di Gennaro Mennella

La disperazione di Adalgisa Gamba: “Non ho ucciso il mio bambino, non sono riuscita a salvarlo”

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Adalgisa Gamba

A ventiquattr’ore dalla convalida del fermo di Adalgisa Gamba e dall’applicazione della misura cautelare in carcere disposta dal Gip, iniziano ad emergere nuovi particolari sulla morte del piccolo Francesco Auciello. Il legale della donna che ha chiesto e ottenuto per la sua assistita una perizia psichiatrica e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, stanno ricostruendo i passaggi fondamentali dell’ultimo pomeriggio che Adalgisa ha trascorso con il figlio.

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A caratterizzare la posizione della donna, accusata di omicidio volontario, ci sono i vuoti di memoria favoriti dallo choc e dallo stato di sofferenza psichica che stava vivendo ormai da diverso tempo. Secondo indiscrezioni, Adalgisa viveva nel terrore che Francesco fosse malato e la sola idea che le venisse confermata una qualsiasi difficoltà psichiatrica, le avrebbe impedito di dormire, mangiare, di vivere per diversi mesi. L’iperattività alternata a profondi momenti di assenza da parte del bambino, ma anche i casi di disabilità mentale già registrati nella sua famiglia di origine, avrebbero fortificato in Adalgisa l’idea che il piccolo fosse davvero affetto da una forma di sofferenza. Una eventualità che proprio non riusciva ad accettare. Per questo, secondo il racconto di chi la conosceva bene, negli ultimi mesi, la donna saltava i pasti, soffriva di insonnia, si disperava ed evitava perfino di uscire da casa. Disagi e timori che, a quanto pare, affrontava in solitudine prendendosi cura anche dell’anziana madre con la quale viveva e che pure ha problemi psichiatrici. Un peso emotivo che potrebbe averla resa incapace di reagire in una circostanza imprevedibile e pericolosa come quella in cui si è ritrovata la sera del 2 gennaio. 

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Infatti è in questo contesto difficile che è iniziata la notte più buia di Adalgisa. Anche se restano ancora tanti i punti da chiarire, la donna non ha mai ammesso di avere ucciso il suo bambino. Non lo ha fatto davanti ai carabinieri che sono intervenuti in via Calastro; non l’ha detto al Pm Andreana Ambrosino; né tantomeno al Gip Fernanda Iannone. Anzi, Adalgisa, ricostruendo l’accaduto, avrebbe raccontato di essere scesa da casa per portare Francesco alle giostrine di via Calastro: voleva trascorrere con lui un pomeriggio spensierato. L’affollamento del luogo scelto e i timori di eventuali contagi Covid, l’avrebbe convinta a spostarsi verso la spiaggia del lido Il Gabbiano che si trova in località La Scala. Lei e Francesco sarebbero scesi sulla sabbia per giocare: il piccolo, contento di rivedere il mare, avrebbe iniziato a saltellare e a correre in lungo e in largo. Adalgisa avrebbe raccontato che Francesco sarebbe inciampato e dopo essere caduto in mare sarebbe finito con la testa sott’acqua e che lei si sarebbe precipitata per afferrarlo e metterlo in salvo: in un gesto di affetto e tenerezza lo avrebbe anche stretto forte al petto. Ma da questo punto in poi, nella testa di Adalgisa c’è un vero cortocircuito. Che cosa le avrebbe impedito di aiutare il bambino e salvarlo, non l’ha saputo spiegare. Sui suoi ricordi è calato il buio, un totale black-out. Forse la sofferenza psichica, sommata alla paura di un rimprovero da parte del marito, potrebbero averle impedito qualsiasi reazione. Adalgisa potrebbe essere rimasta immobile, paralizzata, nell’acqua gelata con il bambino in braccio e gli abiti zuppi d’acqua per chissà quanto tempo. Il freddo, la sopraggiunta ipotermia, le forze che vengono meno, potrebbero aver fatto il resto. Insomma, secondo il suo racconto, Adalgisa non avrebbe ucciso il figlio bensì non sarebbe riuscita a salvarlo.

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Una versione diversa dalla ricostruzione degli inquirenti che accusano Adalgisa Gamba di omicidio volontario. Dinamiche discordanti che potranno trovare conferma solo dall’esito degli esami e delle perizie psichiatriche disposte dal Gip che ha accolto le richieste dell’avvocato Tommaso Ciro Civitella. Ieri, 6 gennaio, è stata eseguita l’autopsia sul corpicino di Francesco, ma per conoscere le cause che hanno determinato il decesso del bambino bisognerà aspettare sessanta giorni.

Mariella Romano

Giornalista freelance, ho imparato il mestiere di cronista consumando le suola delle scarpe. Non canto storie, scrivo ciò che vedo e racconto l’umanità che incontro. Non sopporto i numeri. Non so fare equazioni e conti e, in un mondo di variabili, alla ragione preferisco il cuore. Mi piace, assai, la terra in cui vivo.

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