Un anno fa moriva Vincenzo Iuliano, prima vittima del Covid. Il ricordo della figlia
Torre del Greco, l’inizio di un incubo per la città, un dolore indimenticato per la famiglia
TORRE DEL GRECO. La telefonata che ha cambiato la vita alla famiglia di Vincenzo Iuliano e ha buttato la città nel lutto spalancando la strada ad un lungo elenco di decessi per Covid, è arrivata dall’ospedale Monaldi di Napoli alle 14,30 del 14 marzo 2020. Esattamente un anno fa, quando del nuovo Coronavirus si sapeva poco o nulla. Una chiamata drammatica che ancora oggi sembra riecheggiare nella casa di via Del Clero in cui il pensionato marittimo viveva con la moglie di cui si prendeva amorevolmente cura.
Vincenzo aveva 71 anni quando si sono presentati i primi sintomi (non riconosciuti) del Sars Cov2. Mentre gli abitanti del rione erano in allarme per i casi Covid registrati alla scuola Don Bosco-D’Assisi frequentata anche dalla nipotina, Vincenzo Iuliano era a letto con una strana bronchite che il medico di famiglia stava provando a curargli con il Rocefin. Ma dal 2 al 9 marzo le condizioni sono peggiorate al punto tale da convincere i parenti dell’uomo a chiedere l’aiuto dei medici del 118: ricoverato in ospedale a Boscotrecase, poi al Cotugno e infine al Monaldi, il pensionato non è più tornato a casa.
“Da quel maledetto giorno, è passato un anno”, racconta la figlia che vive in Germania, Colomba Iuliano. “Ancora oggi, però, il dolore è fortissimo. Siamo devastati. Mai avremmo immaginato che potesse succedere una cosa così brutta alla nostra famiglia. Papà era un uomo buono, una persona perbene che ha dedicato la vita a noi figli e alla moglie. Ricordo con tenerezza l’ultima videochiamata che ci siamo fatti mentre era in ospedale. Addirittura mi disse che si sentiva meglio. Invece la situazione all’improvviso è precipitata e da allora non abbiamo più ricevuto sue notizie fino a quando ci è arrivata la telefonata con la quale dall’ospedale ci hanno detto che era finito”.
Una notizia drammatica alla quale si è aggiunto il dolore di non ricevere indietro i suoi effetti personali.
“Non abbiamo più trovato le cose che aveva con sé la sera in cui ha lasciato casa: un bracciale, il cellulare, la giacca con le chiavi della macchina. Le abbiamo cercate disperatamente: ho telefonato a tutti gli ospedali in cui è stato ricoverato ma è stato inutile. La cosa che ci interessava di più era il telefono: c’erano i ricordi più cari. Li avremmo voluti custodire per sempre. Invece, dopo un anno, ci resta ancora il rammarico di ciò che si poteva fare e non è stato fatto”.