Turisti incantati dal mare. Ma che pena quel materasso incastrato tra gli scogli di Calastro
Venerdì 6 ottobre. Mezzogiorno. Due turisti stranieri, incantati dal mare di via Calastro, a Torre del Greco, si tuffano senza pensarci un minuto. Un pensionato indossa un cappello a falda larga per ripararsi dal sole: con un occhio legge e con l’altro osserva i due tedeschi che cercano refrigerio. Sembra assente, ma quando un topo gli passa accanto, con un gesto fulmineo, afferra una pietra e gliela lancia contro. Bersaglio mancato. Il ratto corre a nascondersi tra gli scogli, là dove, un materasso arrotolato e legato con un pezzo di spago, è stato abbandonato, chissà da chi, proprio a pochi metri dalla riva.
“Sta lì da almeno dieci giorni”, bofonchia l’uomo. E prima di tornare a leggere, aggiunge: “Ce l’hanno portato di proposito. Non può essere arrivato fin qui da solo. Siamo senza speranza e senza vergogna”.
Di monnezza moriremo, penso io. Me lo ripeto da tempo, ma adesso comincio ad averne certezza. Eppure ogni giorno mi chiedo: usciremo da questo incubo che ci perseguita da oltre un ventennio? Sì, perché gli anni passano e il problema rifiuti continua a essere la zavorra delle amministrazioni che si sono susseguite dalla fine degli anni Novanta ad oggi. Problema ereditato e irrisolto, che sottrae energie e rallenta lo sviluppo della città.
Ma è davvero solo colpa di chi ci amministra se Torre del Greco è sporca? Materassi e suppellettili abbandonati dovunque, avvalorano la teoria (?) del boicottaggio. È successo con il sindaco Giovanni Palomba e l’allora assessore-poliziotto Pietro De Rosa che nulla poté contro le discariche a cielo aperto. Né è riuscito a fare qualcosa in più, nonostante gli sforzi, chi si è alternato nel corso della passata consiliatura. Oggi sta succedendo di nuovo. Nonostante le denunce inviate alla magistratura dal sindaco Luigi Mennella e dall’assessore Antonio Ramondo, i marciapiedi, gli incroci e perfino le spiagge di Torre del Greco, sono ancora ostaggio di materassi e materiale ingombrante. Una produzione inverosimile di mobilio e scarti edili, che fa venire più di un dubbio.
Al “fenomeno” suppellettili bisogna, però, aggiungere l’inciviltà e la mancanza di educazione che ormai sembrano far parte di tutti noi. Un esempio: le giostrine di via Calastro, gli spazi intorno e la passeggiata sistematicamente distrutta dalle varie mareggiate, al di là dell’incuria attribuibile a chi ci amministra, sono il segno tangibile del disprezzo verso la cosa pubblica. Se così non fosse, non ci sarebbero (come ci sono) attrezzi ginnici incendiati e rifiuti dovunque, con bottiglie di birra, bicchieri di plastica e cartoni di pizza abbandonati tra il parcheggio e la spiaggia. Lo scempio si consuma soprattutto di notte quando sfaccendati più o meno giovani arrivano in località Calastro per bere, fumare, far baldoria, vandalizzare e sporcare come se non esistesse un domani. Ignorando, ovviamente, le più elementari regole del vivere civile.
Il pensionato che, in riva al mare, si gode gli ultimi scampoli d’estate, sollevando lo sguardo dal libro, mi racconta che un suo amico ha provato a fermare un giovane intento a lanciare un bicchiere di plastica in strada: “È stato insultato e si è sentito rispondere: sei tu il proprietario? Allora non sono fatti tuoi”.
Il problema è proprio questo: abbiamo perso il senso di appartenenza e il rispetto verso la cosa pubblica. I colpevoli, forse, siamo noi adulti che non siamo riusciti a educare i giovani alla bellezza, alla pulizia e al rigore. E oggi, gran parte delle nuove generazioni (non tutte, per carità), addirittura ignora che la città appartiene a chi la vive.
Diciamolo ad alta voce a chi sporca e distrugge: le strade, i vicoli, le piazze, le panchine e i monumenti sono l’anticamera delle nostre case.