Michele Di Donna con la moglie Cira Montella

“Mio marito ucciso dal Covid: rubati soldi, documenti e oggetti che aveva in ospedale”

Torre del Greco, la vedova di Michele Di Donna presenta denuncia e chiede giustizia

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Michele Di Donna con la moglie Cira Montella

“L’ultima immagine che ho di lui, è fuori al pronto soccorso dell’ospedale di Castellammare di Stabia. Respirava male. L’ho lasciato alla tenda pre-triage e non l’ho più visto. Ci siamo sentiti al telefono un’ora dopo: mi ha detto che gli avevano messo l’ossigeno e stava meglio. A notte fonda una dottoressa mi ha chiamata per dirmi che lo stavano per intubare. Da quel momento non ho avuto più notizie. Lo hanno perfino trasferito all’ospedale di Boscotrecase e nessuno ce lo ha comunicato. Abbiamo passato una giornata intera a cercarlo”.

Cira Montella ha 44 anni e vive a Torre del Greco, località Santa Maria La Bruna. Il 22 marzo scorso ha perso il marito, Michele Di Donna 46 anni, commercialista. Il Covid 19, se l’è portato via in meno di due settimane. Abbracciata alle figlie di 20 e 15 anni, a poco più di quaranta giorni dalla morte del compagno di vita e di lavoro, ha deciso di rompere il muro di silenzio e raccontare il dramma che ha travolto la sua famiglia, la solitudine nella quale è piombata da quando il Coronavirus è entrato nella loro casa. Ma la lama che continua a trafiggere cuore e mente, è la mancata restituzione di tutti gli effetti personali di Michele, comprese carta di credito, bancomat e documenti di identità. 

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“Mi tormenta”, dice la donna, “il pensiero che qualcuno possa aver fatto razzia mentre lui era inerme e incosciente, attaccato ad un respiratore o, ancora peggio, quando ormai era morto”. 

Signora Cira, perché ha deciso solo adesso di raccontare? 

“Prima di denunciare, ho sperato che qualcuno si decidesse a riportarci gli oggetti che appartenevano a mio marito, un bene prezioso, al di là del valore economico, per me e per le nostre figlie”.

Che cosa ha fatto in questo tempo?

“Ho chiesto di restituirmi gli oggetti e ho aspettato. Sono riuscita solo a sapere che Michele al Covid hospital di Boscotrecase è stato trasferito con la barella di contenimento e addosso non aveva niente. Quindi mi sono rivolta all’ospedale di Castellammare, dove lo avevo accompagnato io, per sapere che fine avessero fatto il giubbotto con le chiavi di casa, gli occhiali da vista acquistati un mese prima, le scarpe, il portafoglio con i soldi e le carte di credito, il bancomat, la patente, la carta d’identità e il cellulare”.

Che cosa le hanno risposto?

“Un giorno mi hanno chiamata per farmi andare in ospedale: avevano trovato il cellulare. Il fratello di Michele si è presentato per ritirarlo: gli hanno mostrato una decina di smartphone e gli hanno detto di vedere se c’era anche quello di mio marito. Lo abbiamo individuato grazie alla marca e al modello: abbiamo dovuto accenderlo per capire se era quello giusto”.

E le altre cose?

“Nessuno ha saputo dirmi che fine abbiano fatto. Vestiti, scarpe, occhiali, un giubbotto: tutte cose di marca. Tutto sparito insieme con i documenti e i soldi”.

Oggi ha deciso di rivolgersi ad un avvocato e presentare denuncia. Perché?

“Ho saputo che anche ad altre persone è successa la stessa cosa e vorrei che non si ripetesse ancora. Ma più tempo passa e più mi sento offesa, violata. Sono arrabbiata perché hanno profanato la morte e non hanno avuto rispetto per il dolore. Riavere tra le mani gli oggetti che una persona cara si è portato dietro fino alla fine, è una consolazione. Nient’altro. E nessuno ha il diritto di strappare l’ultimo filo che ci unisce con chi se n’è andato”.

Leggi anche: Muore per Covid, sparita la borsa con soldi, cellulare e catenina. La famiglia denuncia

Mariella Romano

Giornalista freelance, ho imparato il mestiere di cronista consumando le suola delle scarpe. Non canto storie, scrivo ciò che vedo e racconto l’umanità che incontro. Non sopporto i numeri. Non so fare equazioni e conti e, in un mondo di variabili, alla ragione preferisco il cuore. Mi piace, assai, la terra in cui vivo.

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