L'Italia festeggia il Primo Maggio mentre Torre del Greco dà l'ultimo saluto a Vincenzo Langella. Il ricordo di un amico: "La mamma sa che è partito per gli Usa".
C’è un’Italia che festeggia per il lavoro mentre a Torre del Greco si sta celebrando il funerale di Vincenzo Lengella, operaio della Moby morto sul posto di lavoro, a Livorno, il 24 aprile scorso. Da una parte le istituzioni e i sindacati con i loro cantanti in piazza e dall’altra le lacrime di una famiglia che non sa come raccontare alla mamma ottantaquattrenne del caposquadra, che il figlio non tornerà più a casa.
“Uno strazio”, dice con un filo di voce Loredana, la sorella di Vincenzo. “Le abbiamo detto che è partito per gli Stati Uniti e chissà quando tornerà”.
Una pietosa bugia che Annamaria Madonna, una vita passata a crescere figli con il sudore e la fatica, ha ingoiato senza fiatare, perché nelle famiglie come la sua, dove il lavoro e l’onore vengono prima di ogni altra cosa, può capitare di partire così, all’improvviso, senza passare a salutare la mamma.
“È molto malata e i figli hanno preferito tacere la verità”, spiega Nello Parola, amico d’infanzia di Vincenzo e suo collega alla Moby. “Siamo cresciuti nello stesso quartiere: abbiamo giocato insieme e poi abbiamo iniziato a fare lo stesso lavoro. Vincenzo ha cominciato a quindici anni a fare l’operaio: aveva una grande esperienza. Era serio, coscienzioso e mai avrebbe fatto qualcosa che potesse mettere a repentaglio la vita sua e degli altri. Era molto stimato e per l’azienda è sempre stato un punto di riferimento: non caso è diventato responsabile delle squadre volanti della Moby. Andava dove serviva e il lavoro lo faceva benissimo. Era instancabile”.
Quando vi siete visti l’ultima volta?
“Il 23 aprile, lunedì in Albis, poche ore prima che ripartisse per Livorno. A Torre del Greco viveva in casa con la mamma e un fratello disabile ed era venuto per trascorrere la Pasqua con la famiglia. Martedì mattina doveva prendere servizio in Toscana e perciò è partito il giorno prima”.
Si prendeva cura della mamma e del fratello Patrizio nonostante fosse sempre in giro per lavoro?
“Faceva il possibile per garantire un’assistenza continua a entrambi: ma al suo fianco ci sono sempre stati anche gli altri fratelli, Loredana, Lucia e Mimmo, una famiglia molto unita”.
Vincenzo, quando lavorava, ha mai espresso dubbi sulla sicurezza?
“L’ho sempre visto sereno”.
Che idea si è fatto? Che cosa può essere accaduto il 24 aprile a Livorno?
“Sarà l’inchiesta a chiarircelo: ci sono tre indagati e noi sappiamo solo che Vincenzo era un operaio scrupoloso, attento e soprattutto esperto. Oggi siamo qui a piangere perché lui è morto mentre lavorava. Abbiamo una sola certezza: la responsabilità di ciò che è accaduto non è la sua”.
L’ultimo ricordo di Vincenzo?
“Ci siamo salutati lunedì 23 aprile davanti alla pianta di limoni che coltivava nel giardino di casa. Gli ho detto: ne prendo qualcuno per il limoncello. Lui si è girato e ha risposto con il solito sorriso: fai pure, ma prima o poi questi limoni me li porto tutti a Livorno. È stato il nostro addio”.