Sconfigge la leucemia, contagiata in ospedale muore di Covid : addio a Nunzia Pisacane
C’è un cuore rosso che continua a pulsare sul mio cellulare. È l’ultimo battito, l’ultima traccia di vita che Nunzia ha lasciato sulla nostra chat di whatsapp. Erano le 7,52 di mercoledì 17 febbraio. Meno di una settimana fa. Da allora, tutti i messaggi che le ho inviato non hanno ricevuto risposta. All’improvviso la nostra chat è rimasta muta. Un silenzio che, nei giorni a seguire, in tutti noi amici e familiari, ha lasciato spazio alla paura e poi al gelo. Fino a ieri mattina ho continuato a scriverle: sapevo che la sua vita era legata ad una ormai insignificante mascherina che pompava ossigeno, ma speravo così di riuscire a tenerle la mano per accompagnarla fin dove potevo. Ma quel messaggio, come gli altri inviati dal 19 febbraio in poi, non li ha letti.
Nunzia Pisacane, 57 anni non ancora compiuti, tanti amici, tanto amore e una passione per la musica, per la natura, per l’arte e per l’accoglienza dell’altro, è morta da sola, per le conseguenze del Covid, in un anonimo reparto dell’ospedale Cardarelli di Napoli.
Dire disperazione è dire poco. Soprattutto pensando al vuoto abissale che ha lasciato nel cuore dei figli e del marito Giorgio, il compagno di vita, l’uomo gentile e innamorato che aveva conosciuto e amato fin dal loro primo incontro, a 14 anni. Nunzia, che aveva quasi vinto la battaglia contro la leucemia comparsa in una calda giornata di agosto, alla vigilia di una vacanza mai iniziata, se n’è andata per colpa di quello che lei stessa ha definito “maledetto virus”.
Sola. Lei che tanto amava la compagnia, è morta sola.
Dire dolore è dire poco. Soprattutto se mi soffermo a pensare che il maledetto virus è entrato dentro di lei passando dalla porta principiale di un ospedale che avrebbe dovuto curarla, tutelarla e garantirle camere e percorsi sterili. Il Covid, vigliacco, si è impossessato del corpo di Nunzia approfittando delle difese immunitarie demolite dall’ultima chemioterapia. L’ha avuta vinta, il vile Coronavirus. Ma non si prendesse tutto il merito di questa morte. Nunzia ha chiuso gli occhi e ha smesso di respirare perché è stata infettata, chissà da chi e chissà come, mentre era ricoverata in un letto di ospedale.
Buongiorno Nunzia, come stai? – Stanca. Vorrei togliere l’ossigeno.
Vola, Nunzia, vola. E sappi che il mirto, per me, non avrà più lo stesso sapore.