Estate di fuoco sul Vesuvio. "Dopo gli incendi, il pericolo sono le frane e i tumori". La denuncia del comitato "Mo' Basta".
Frane e tumori. Rischio idrogeologico e terreni contaminati da elementi cancerogeni. Gli incendi che a luglio scorso, per oltre venti giorni, hanno devastato il Vesuvio distruggendo migliaia di ettari di Parco Nazionale da Torre del Greco a Ercolano, da Boscotrecase a Ottaviano, presentano un conto salatissimo.
VELENI E TUMORI
Secondo gli esperti che si sono confrontati giovedì 14 dicembre nell’auditorium della Banca di Credito Popolare nell’ambito del convegno organizzato dal Comitato Vesuvio Mo’ Basta, sono in serio pericolo la salute e l’incolumità della popolazione che vive intorno al vulcano. I veleni sprigionati dalle diverse tonnellate di spazzatura abbandonata negli anfratti e nelle pinete del Vesuvio, costituiscono infatti, ancora una minaccia per adulti e bambini.
“Ci vorranno dieci anni per fare un bilancio definitivo e capire quali saranno le conseguenze sulla salute dei cittadini”, spiega il chimico Fabio Mazzaglia dopo aver fatto un’analisi dei rifiuti incendiati e uno studio dettagliato sulla trasformazione degli elementi chimici che hanno inquinato i terreni e appestato l’aria.
“Per decenni il Vesuvio è stato una discarica a cielo aperto”, dice ancora Mazzaglia. “Nelle pinete c’erano pneumatici, carcasse di auto, scarti di tessuti e di concerie, mobili con vernici tossiche e perfino amianto. Dunque, anche se non esistono dati Arpac ufficiali relativi al momento degli incendi, abbiamo la certezza che quei materiali, bruciando, hanno sprigionato nell’aria elementi cancerogeni e hanno inquinato i terreni. Oggi i rifiuti sono ancora sul Vesuvio e hanno subito una trasformazione ma non hanno perso la loro potenziale pericolosità”.
Dunque il rischio di ammalarsi di tumore per la gente che vive intorno al vulcano è altissimo.
FRANE E SMOTTAMENTI
Quando piove non c’è da dormire tranquilli. Il fuoco ha divorato migliaia di alberi, le radici non trattengono più le acque pluviali e le antiche briglie borboniche non assolvono alla loro funzione perché non ci sono i soldi per la manutenzione.
“Per tentare di arginare il rischio idrogeologico”, attacca l’ingegnere Giuseppe Moscariello, docente universitario,”il Parco Nazionale del Vesuvio ha fatto delle palificate, delle briglie naturalistiche, dei muri a secco e altre opere che sono assolutamente irrisorie, direi inutili. Per mettere in sicurezza il territorio bisogna investire tanto e servirsi di professionisti altamente specializzati. Siamo saliti sul Vesuvio dopo gli incendi e abbiamo trovato una situazione allarmante: in alcune zone si sono già verificate piccole frane e si sono creati nuovi alvei naturali.
“Ai danni provocati dagli incendi”, spiega il geologo Rosario Santanastasio, “bisogna aggiungere la piaga dell’abusivismo edilizio: questa è un’area che dal punto di vista idrogeologico ha sempre avuto grandi problemi. Ma è arrivato il momento di fare il punto della situazione e agire per mettere in sicurezza il territorio”.
CHE COSA FARE CONTRO GLI INCENDI
“Il primo e più urgente intervento da farsi per agevolare lo spegnimento degli incendi in futuro”, spiega ancora l’ingegnere Giuseppe Moscariello “è predisporre alcune bocche antincendio in corrispondenza dei tanti serbatoi di accumulo presenti sul territorio evitando l’assurdo via-vai di autocisterne che debbono caricare a valle e attraversare tortuosi percorsi fino a raggiungere la zona di spegnimento”.
Indispensabile programmare le vie tagliafuoco e avviare il rimboschimento delle zone pensando di ripiantare arbusti e piante resistenti al fuoco: sì alle ginestre; no ai pini che producono resina e sono facilmente infiammabili.
DANNI ANCHE ALL’OSSERVATORIO VESUVIANO
“A luglio scorso il fuoco ha minacciato per ben dieci giorni la nostra sede mettendo in serio pericolo tutte le attrezzature: un patrimonio storico-scientifico di importanza capitale”, dice Francesca Bianco, direttrice dell’Osservatorio Vesuviano. “Sono stati giorni di lavoro frenetico per i nostri dipendenti che hanno presidiato il territorio volontariamente e per i vigili del fuoco che non ci hanno abbandonato un momento: siamo riusciti così a salvare un patrimonio che se fosse andato distrutto avrebbe causato un danno enorme a tutta la comunità vulcanologica e non solo. Purtroppo non siamo riusciti a salvare diverse postazioni esterne: per ricomprarle servono circa trentamila euro”.
LA DENUNCIA DEL COMITATO VESUVIO MO’ BASTA
Il Comitato Vesuvio Mo’ Basta ha presentato alla Procura della Repubblica di Torre Annunziata una denuncia-querela contro le istituzioni che hanno ignorato ripetutamente le richieste di intervento per la messa in sicurezza del territorio. Nell’esposto firmato dal presidente Filomena Di Donna, i fondatori del Comitato chiedono alla magistratura di fare piena luce sulle responsabilità degli Enti competenti, valutando eventuali profili di illecito penale, “al fine di procedere nei loro confronti”, riservandosi di costituirsi parte civile in un eventuale procedimento penale.
“In questi mesi – spiega il presidente del Comitato Vesuvio Mo’ Basta, Filomena Di Donna – abbiamo consultato tecnici specializzati per ottenere informazioni sulla qualità dell’aria, sulle condizioni dei terreni e sul conseguente rischio idrogeologico. Le perizie dei professionisti interpellati hanno evidenziato numerose criticità e in particolare un elevato rischio idrogeologico provocato dalla distruzione dei boschi e dal deposito di una massiccia coltre di cenere che impermeabilizza il terreno rendendolo inidoneo a trattenere le acque piovane. Una situazione molto pericolosa che già durante i giorni pioggia autunnale ha favorito, proprio come temevamo, piccole frane, smottamenti e allagamenti”.
“Il Comitato – aggiunge l’avvocato Filomena Di Donna – già il 14 agosto scorso, ha inviato una istanza per chiedere un intervento urgente in favore delle aree vesuviane, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero dell’Ambiente, alla Prefettura di Napoli, alla Presidenza della regione Campania, all’assessorato Difesa suolo Regione Campania, al Genio Civile di Napoli, al Dipartimento di Protezione Civile, alla Città Metropolitana di Napoli all’Ente Parco Nazionale del Vesuvio, al Comune di Torre del Greco, al SIT Territoriale della Campania, alla SMA Campania. Purtroppo non ci è mai arrivata risposta”.
Un silenzio inaccettabile anche perché dai recenti sopralluoghi è emerso che i lavori di manutenzione straordinaria sono stati effettuati in maniera “incompleta e approssimativa” tanto che, lungo alcuni sentieri, giacciono ancora sterpaglie e tronchi di alberi tagliati, accatastati e mai rimossi.
“Al momento – conclude il presidente del Comitato Vesuvio Mo’ Basta, Filomena Di Donna – non è stato programmato alcun intervento di messa in sicurezza delle aree boschive mirato a scongiurare frane e allagamenti. Anche per questo abbiamo deciso di chiedere l’intervento della magistratura”.