Catene e cappio al collo: la disperazione dei marittimi che minacciano di buttarsi nel vuoto
L’armatore Onorato rischia il fallimento e due uomini si sono barricati nella chiesa del Carmine per protesta
Non li ha scoraggiati la pioggia. Né hanno intenzione di cedere alla stanchezza: dalle prime luci del mattino di oggi, 4 novembre, in cinque si sono incatenati davanti alla chiesa di piazza Luigi Palomba a Torre del Greco. Altri due, con un cappio al collo, sono saliti in canonica e hanno occupato il sottotetto della Madonna del Carmine. Si sono affacciati alla finestra e hanno minacciato di buttarsi di sotto.
Gesti estremi che raccontano la disperazione dei marittimi legati al gruppo dell’armatore Onorato, titolare di Moby e Tirrenia, che rischia il fallimento per ottocento milioni di euro di debiti. Un situazione drammatica che potrebbe lasciare senza lavoro quasi seimila persone, la maggior parte di Torre del Greco, Ercolano e Napoli. Uno spettro che toglie il sonno a mogli e mamme e spaventa i dipendenti della compagnia di navigazione che da un momento all’altro potrebbero trovarsi senza occupazione.
“Per adesso è ancora un’ipotesi”, spiega Vincenzo Accardo, presidente dell’associazione Marittimi per il futuro. “Ma se dovesse accadere, dietro il fallimento dell’armatore Vincenzo Onorato ci sono le banche e gli interessi delle lobby. Siamo ancora in tempo: lo Stato deve intervenire e aiutare l’armatore Onorato che è l’unico ad assicurare lavoro al personale italiano. Se chiudono la compagnia, quasi seimila famiglie rischiano di finire sulla strada. Questi disperati non hanno alternative alla fame”.
“Vogliamo risposte serie e concrete, altrimenti non ci muoviamo da qui. Anzi”, urla Gerardo Asprino affacciandosi alla finestra della chiesa “siamo pronti a buttarci di sotto perché senza lavoro non possiamo vivere”.
Giuseppe Aprea, che gli sta accanto, aggiunge: “Abbiamo i figli da sfamare e lo Stato ha il dovere di salvare Vincenzo Onorato, la sua flotta e le nostre famiglie. Chiediamo anche al papa di ascoltarci. Lo vogliamo incontrare per ricevere la sua benedizione e raccontare la nostra disperazione”.
Una mano tesa arriva subito dal cardinale Crescenzio Sepe: “Il nostro vescovo aspetta i marittimi in Curia” dice don Mario Pasqua, parroco della Madonna del Carmine, esortando i lavoratori a fermare la protesta. Una disponibilità,quella di Sepe, che per il momento non è bastata a convincere i lavoratori a togliere le catene dai polsi, il cappio dal collo e, soprattutto, a scendere dal campanile.