“Per noi è ancora ‘o presidente”. Enrico De Nicola nei ricordi dei torresi a 60 anni dalla morte.
Tra i torresi c’è ancora chi lo chiama ‘o presidente. E c’è ancora chi conserva, tra i ricordi di famiglia, fotografie in bianco e nero che raccontano aneddoti di vita vissuta nella villa all’ombra del Vesuvio: la stessa che Enrico De Nicola ribattezzò l’Inveni Portum, l’approdo sicuro.
Dalla sua morte sono passati sessant’anni e oggi, 1 ottobre, l’amministrazione comunale di Torre del Greco, con l’alto patrocinio della Camera dei Deputati, ha voluto rendergli omaggio organizzando una giornata ricca di eventi celebrativi alla quale hanno partecipato non solo illustri personaggi del mondo giuridico e culturale, ma anche tanti studenti, piccoli e grandi.
In prima linea, i ragazzi del liceo classico De Bottis e i bambini dell’istituto De Nicola. Sono stati proprio loro a toccare le corde dell’emozione quando hanno cantato, a Palazzo Baronale, l’Inno d’Italia. Bella anche la presenza del piccolo Simone Russo, sindaco dei bambini, che al fianco del primo cittadino Giovanni Palomba e dell’assessore alla Cultura, Enrico Pensati, ha partecipato a tutte le celebrazioni firmando anche il registro della presenza nella stanza del Comune dove l’Ordine degli Avvocati di Torre Annunziata ha allestito la mostra Tra evocazione e ricordo.
Ma a sessant’anni dalla morte, Enrico De Nicola, avvocato, giornalista e statista, continua a vivere nel cuore di chi l’ha conosciuto. Antonio Sorrentino, oggi pensionato, lo sa bene: “Ero un ragazzino”, racconta, “quando sgomitavo con i miei coetanei per accompagnare don Carmine Ascione a benedire le case del quartiere. Il presidente era ateo ma puntualmente accoglieva nella sua villa il parroco della chiesa di Sant’Antonio a Brancaccio e i chierichetti che lo seguivano. Appena mettevamo piede nel giardino, ci prendeva in consegna la governante che ci rifocillava regalandoci caramelle e dolciumi. Don Carmine se ne stava in soggiorno a chiacchierare con il presidente e noi lo aspettavamo in un’altra stanza”.
Ma ‘o presidente che si era trasferito definitivamente a Torre del Greco dopo aver lasciato Roma e la politica, era un punto di riferimento per tutte le persone del quartiere che per lui nutrivano stima e affetto.
Enrico De Nicola, amico tra gli altri di Benedetto Croce, senza troppi fronzoli, scendeva via Cappuccini a piedi, stringeva mani e salutava uomini e donne di qualsiasi estrazione sociale – colti o ignoranti – sollevando sempre il cappello in segno di rispetto. In via Cappuccini si fermava alla bottega di Michele Betrò; alla merceria di Ninetta De Simone, alla tabaccheria di Ernesto e Ninuccia Panariello, al negozio di Antonio Oculato. E spesso bussava alla porta di Bettina ‘a communione, sarta e maestrina di catechismo: Bettina, mentre insegnava l’Ave Maria e il Padre Nostro ai bambini, sistemava gli abiti al presidente.
“Bettina”, aggiunge Antonio Sorrentino, “era una zia di mia moglie. E lei mi raccontava che De Nicola le portava personalmente i cappotti da rivoltare o i pantaloni da aggiustare”.
Il giorno in cui, l’1 ottobre del 1959 il presidente Enrico De Nicola è morto, Torre del Greco divenne capitale d’Italia: don Carmine Ascione firmò l’atto del decesso mentre l’allora sindaco Raffaele Capano, per accogliere con tutti gli onori le più alte cariche dello Stato, fece asfaltare ed elettrificare la strada del presidente in una notte. I funerali si svolsero poi a Napoli, città natale di De Nicola.
Un racconto entrato nei libri di storia di questa città. Oggi è Luisa Liguoro, consigliere comunale e presidente dell’Ordine degli Avvocati di Torre Annunziata e nipote dell’allora sindaco Capano, a ricordare quel giorno: “È stato mio nonno Raffaele a organizzare l’accoglienza di tutte le autorità che vennero a rendere omaggio alla salma; a predisporre in tempi brevissimi l’illuminazione della strada; ad accogliere l’allora presidente della repubblica, Giovanni Gronchi, un giovane Giulio Andreotti, Giovanni Leone, Amintore Fanfani e tanti altri”. Lo dimostrano le foto che la famiglia Liguoro ha fino ad oggi custodito quasi con sacralità.
A sinistra, il sindaco Raffaele Capano con il presidente Giovanni Gronchi