“Non sono un eroe”. Il racconto dell’uomo che salvato la donna trascinata dal treno.
Il primo pensiero di Mario è per Serena. Dal letto dell’ospedale Maresca dove è stato trasferito da poche ore dopo una breve permanenza al nosocomio di Boscotrecase, continua a chiedere: “Come sta? Come sta?”. Si tranquillizza solo quando gli fanno sapere che la donna trascinata dal treno, per la quale ha rischiato la vita, è fuori pericolo. Serena, ne avrà per almeno cinque mesi e anche se i medici non si sbilanciano su eventuali danni permanenti, assicurano che ce la farà.
“Dio sia ringraziato!”, sussurra Mario Di Maio alla compagna Nunzia e al papà Raffaele che lo stanno assistendo dai primissimi istanti. A tre giorni dall’incidente avvenuto nella stazione Circum di via Del Monte a Torre del Greco, l’eroe che ha salvato la vita alla donna di 35 anni di origini marocchine rimasta incastrata tra le porte del treno, è ancora inchiodato al letto d’ospedale con ferite, abrasioni ed escoriazioni profonde alla schiena, alle gambe, alle braccia: i medici lo tengono sotto osservazione perché subito dopo l’impatto ha perso conoscenza diverse volte e prima di essere dimesso deve recuperare la funzionalità totale degli arti.
Mario Di Maio, l’uomo che merita un encomio per quello che ha fatto, ha 46 anni ed è dipendente di una società che riscuote tributi per conto del Comune. Martedì 7 maggio, intorno alle 13, stava ritornando a casa per pranzare con il papà Raffaele: era sceso dallo stesso convoglio di Serena e stava per imboccare il sottopassaggio, quando ha sentito qualcuno urlare. Si è girato e ha visto la donna, trascinata dal treno, strisciare sul marciapiede della stazione.
“Io ero nella prima carrozza, Serena nell’ultima”, racconta Mario. “Non so cosa sia successo e perché: ho solo visto la signora con la gamba bloccata tra le porte. Ho provato a picchiare sui finestrini per cercare di attirare l’attenzione del macchinista ma il treno ha continuato ad andare. Alle mie spalle, sulla traiettoria della povera Serena, c’era un ostacolo, un paletto di ferro contro il quale si sarebbe schiantata se non avessi fatto qualcosa. Senza pensarci un attimo, ho provato ad attutire il colpo facendole da scudo con il mio corpo. Ho chiuso gli occhi e non ricordo altro. Forse sono svenuto: mi sono risvegliato sui binari, con la schiena a pezzi, le gambe e le braccia doloranti. Serena era accanto a me mentre il paletto è schizzato a diversi metri da noi. Adesso sto realizzando che siamo vivi per miracolo”.
Un gesto di grande generosità che Mario continua a sminuire: “Non trovo niente di eccezionale in quello che ho fatto. Al contrario, se non avessi fatto qualcosa per salvare la vita a Serena, mi sentirei un vigliacco. Lo rifarei altre mille volte ancora. E appena mi rimetto in piedi andrò a trovarla”.
Serena, intanto, ricoverata al Cardarelli, si sta lentamente riprendendo: con un filo di voce sussurra il suo “grazie” per Mario, l’eroe che le ha salvato la vita.