Mustafà e i Quaquaraquà
Stamattina, Mustafà, marocchino naturalizzato napoletano, sorseggiava il caffè camminando a passo lento. In una mano aveva la tazzina, nell’altra la merce da vendere all’angolo della strada. Quando l’ho notato, ho pensato al buon cuore della gente che vive nella mia città, alla signora che gli aveva offerto la bevanda a metà mattina. Una buona azione, all’uscita dalla messa.
Un secondo dopo ho visto il contenitore vuoto volare sul marciapiede e ho sentito il rumore della plastica che, nella strada deserta, rotolava lungo il ciglio, mentre Mustafà, con il suo carico di accendini, deodoranti e sorrisi smielati, prendeva posto, come accade ormai da vent’anni, all’angolo di corso Avezzana.
Gli ho fatto notare che era sbagliato. E lui mi ha risposto che qualcun altro, prima, aveva fatto la stessa cosa.
Gli ho detto: “Raccogli ciò che tu hai buttato”.
Probabilmente piccato dal fatto che fossi una donna, mi ha risposto con un “no” deciso.
Si è voltato e, ignorandomi, ha continuato a vendere la sua merce abusiva alla gente che gli ingrassa le tasche, dimenticando che quel Mustafà che tanto gentile appare, evade il fisco e danneggia i negozianti che invece le tasse le pagano fino all’ultimo centesimo. Ma tant’è, noi siamo napoletani, quelli dal cuore d’oro; quelli che non chiudono mai la porta in faccia a nessuno. Quelli che offrono il caffè senza porsi tante domande. Io per prima, sono così.
Nella strada, un passo dietro di me, c’era un signore anziano. Ha assistito a tutta la scena. Ma invece di aggiungere forza alla mia indignazione, ha tirato dritto, facendo spallucce e lamentandosi di come siamo ridotti.
Già, caro signore-senza-spina-dorsale, come siamo ridotti.
Me lo continuo a chiedere da stamattina, da quando il sangue mi ribolle per la rabbia che mi è montata dentro dopo aver visto quel bicchiere volare. E non solo perché il Mustafà di turno ha lanciato il bicchiere di plastica sul marciapiede contribuendo a sporcare una strada della mia città, ignorando educazione e senso di ospitalità; ma anche perché, caro signore-senza-spina-dorsale, tanti come lei si lamentano e tirano dritto senza farsi ribollire il sangue perché conviene di più e perché altrimenti si rischia di morire, magari per un picco di pressione alta.
Ma, caro signore-senza-spina-dorsale, detto anche Quaquaraquà, è questo ciò che insegna ai suoi nipotini quando vengono a far merenda nel salotto della sua pulitissima casa? Sono questi i valori che trasmette ai suoi Nicolò, Pablito e Jacopo?
E allora, per favore, se ne stia zitto. Perché se tra qualche settimana i suoi nipotini con i nomi “fashionable” dovessero tirare dritto e fare spallucce di fronte ad un suo rimprovero, si ricordi di Mustafà, il bell’imbusto tunisino che può dettar legge nella nostra città, anche grazie ai tanti Quaquaraquà che, come lei, si lamentano e non si ribellano ai soprusi. Anzi, li accettano e non alzano un dito.
Girato l’angolo, ho provato a chiedere aiuto anche a due giovani agenti della polizia municipale che, molto gentilmente, mi hanno assicurato che sarebbero intervenuti per un controllo. Erano indignati, ma forse troppo indaffarati per una questione piccola così. Erano indignati, ma forse senza mezzi, per una questione piccola così.
Sarà per questo che, dopo un’ora, Mustafà con i suoi accendini e il bicchiere di plastica schiacciato sotto il marciapiede, era ancora lì.
Ma tanto chi-se-ne-frega.
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La colpa è di chi aveva buttato il bicchiere prima di lui. Se Mustafà va in Svizzera, infatti, si comporta bene.
Ma se qualcuno gli fa notare che è sbagliato, lui si gira dall’altra parte. E fino a quando tutti fingono di non vedere, non cambierà mai niente.
Ma se a buttare il bicchiere di plastica fosse stato un distinto signore di Torre del Greco, magari un commerciante o un noto professionista della nostra città, lei glielo avrebbe fatto notare comunque?
Assolutamente sì. Non ne faccio una questione di “diversità”: il senso civico che pure mi è stato insegnato a scuola, mi impone di non girarmi dall’altra parte.
Grazie per il suo intervento.