Incendi: la fallimentare gestione dell'emergenza
A tre giorni dall’inferno di fuoco che, a Torre del Greco, ha distrutto le campagne e le pinete di via Garzilli, Cappella Bianchini, via Pisani e via Ruggiero, va fatta una riflessione sulla gestione dell’emergenza. E parto dalla notte più lunga per i torresi: quella di domenica 16 luglio, festa della Madonna del Carmine, quando diverse case sono state evacuate e centinaia di persone hanno avuto paura di perdere tutto nell’incendio alimentato dal vento forte.
Quella sera ho assistito al delirio. Sono arrivata in via Scappi intorno alle 20,45. Molte persone che abitano a valle erano già per strada. Allertate anche dai post pubblicati su Facebook dal vicesindaco Romina Stilo (che dopo una giornata passata a chiedere disperatamente l’intervento di mezzi aerei, aveva invitato tutti ad abbandonare le case), erano spaventate e smarrite. Il fuoco ormai da tempo stava divorando le campagne e le pinete (incolte e piene di spazzatura) di via Cupo Lionello, via Fornacelle e Lagno Rivieccio e il vento spingeva le fiamme verso la cosiddetta Cappella Bianchini, zona densamente abitata. Uomini, donne e ragazzi di buona volontà, stavano evacuando la colonia estiva degli ammalati Unitalsi; il traffico era in tilt e capannelli di persone senza mascherina che respiravano a fatica, si chiedevano che cosa fare, dove andare. Intanto, nelle traverse di via Bianchini, poliziotti, carabinieri, uomini dell’esercito, protezione civile e volontari, cercavano di domare il fuoco. Mi hanno raccontato che Romina Stilo e la consigliera Clelia Gorga erano su, in quell’inferno, a cercare di tirare fuori dalle case le decine di persone che non volevano abbandonare tutto.
Ho chiesto del sindaco Ciro Borriello, invisibile per tutta la giornata: mi hanno detto che era arrivato solo pochi minuti prima e, a bordo di uno scooter, aveva raggiunto i soccorritori. Giù, nei pressi dell’isola ecologica di via Scappi, dove il buon senso avrebbe dovuto spingere gli amministratori ad allestire un centro di primo soccorso, ho incontrato, spaesati, gli assessori Luigi Mele e Salvatore Quirino; Anita Sala e, di ritorno dall’ospedale Maresca dove aveva accompagnato il presidente della Regione Campania per un sopralluogo, la consigliera Loredana Raia.
Mentre il fuoco accendeva di rosso la montagna, dall’altra parte, verso il mare, ho visto lampi di luce colorata illuminare il cielo. Erano fuochi d’artificio. Una situazione irreale. Irriverente. Fuori luogo. Ma maledettamente vera. Il giorno dopo mi hanno raccontato che erano in onore della Madonna del Carmine: li hanno sparati alla fine di una processione che ha paralizzato piazza Luigi Palomba, nel pieno di una emergenza. Irreale. Irriverente. Fuori luogo.
Ma paradossale e fallimentare si è rivelata tutta la gestione dell’emergenza: dopo avere annunciato che sarebbero rimaste aperte le scuole Morelli, Sauro e Angioletti per accogliere gli sfollati, c’è stato un ripensamento. Ma nessuno si è preoccupato di riferirlo agli organi di stampa e agli uomini della protezione civile che si occupavano dei trasferimenti: i volontari che hanno accompagnato due persone prima alla Morelli e poi alla Sauro, hanno trovato i cancelli sbarrati.
Assurda anche la scelta, da parte di chi doveva gestire l’emergenza, di mantenere attivo un posto di primo soccorso in via Ruggiero (dalla parte opposta della città), mentre Cappella Bianchini bruciava. E così, mentre la Protezione Civile si girava i pollici in via Ruggiero, gli abitanti di via Bianchini non sapevano a chi chiedere aiuto e assistenza: le mascherine per difendersi daI fumi che appestavano l’aria, sono state distribuite da un commerciante della zona.
Quando accadono emergenze di questo tipo, il coordinamento dei soccorsi è affidato al sindaco. Spetta al primo cittadino dare ordini. In sua assenza, con una disposizione scritta, la responsabilità passa ad un suo sostituto. In ogni caso, il Comune è dotato di un Coc, un Centro Operativo Comunale che dovrebbe essere formato da tecnici esperti nella gestione delle emergenze. Domenica mattina, mentre gli incendi divampavano e bruciavano il Vesuvio (dunque in piena emergenza), l’ufficio del Coc, allestito presso la segreteria del sindaco, era deserto.
C’è da dire anche che i torresi aspettano da almeno due anni l’attuazione del Piano di Evacuazione che avrebbe dovuto redigere una ditta del Nord Italia. Appena sbarcato a Torre del Greco, il documento si è arenato sulla scrivania di qualche dirigente che dopo le opportune verifiche si sarebbe reso conto che è inattuabile. A completare il quadro, l’apertura e la dismissione in tempi record, dell’ufficio comunale di Protezione Civile: un mese per organizzarlo, un altro per chiuderlo.
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Cosa dire di più..
Bello, Mariella, davvero bello il tuo reportage!