Covid19: “Ci mandano al fronte senza armi”. La testimonianza di un chirurgo del Maresca
Torre del Greco, Antonio Braucci: un solo medico per turno e protezioni inadeguate
La cosa più complicata è conoscere il numero esatto delle persone che, a Torre del Greco, sono in attesa di tampone. Nella città della provincia di Napoli con il più alto numero di persone positive al Covid19, (52 registrate il 30 marzo) chiunque si nasconde dietro il paravento della privacy. A vari livelli, nessuno tira fuori chiara e tonda, una cifra. Il Comune aspetta conferme dall’Asl. L’Asl sembra avere decine di comandanti: l’uno scarica sull’altro; la protezione civile non può e il 118 chissà. Tutti sono d’accordo su una cosa: non allarmare. Chissà se poi non allarmare significhi non raccontare, non spifferare i numeri; non dire le cose come stanno davvero e chiamarle con il loro nome.
Antonio Braucci, chirurgo e medico d’accettazione e d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale Maresca, non la pensa così: infischiandosene delle eventuali conseguenze, ha deciso di metterci la faccia, di raccontare – “ma solo per essere propositivo e non polemico” – che cosa significhi lavorare ogni giorno a contatto con pazienti Covid in una struttura che, almeno fino a oggi, 31 marzo, non è attrezzata per accoglierli, con un solo medico per turno.
“C’è una fascia enorme di pazienti sospetti, con una sintomatologia media o grave, che devono essere collocati fino a diagnosi accertata”, dice Antonio Braucci. “Tutte queste persone afferiscono al pronto soccorso: c’è una tenda pre triage, ma dopo il primo screening i malati che dovrebbero essere trasferiti al centro Covid restano, invece, nell’area loro dedicata al pronto soccorso, in attesa dell’esito del tampone”.
Già, il tampone: un tempo medio che, fino a quando non ha aperto il laboratorio di Nola, oscillava dai quattro ai cinque giorni. Nel frattempo i malati – positivi e negativi – che arrivavano al Maresca restavano in isolamento nello stesso box. Una situazione di “promiscuità” che, ovviamente aumentava il rischio di contagio.
“Oggi per un tampone ci vogliono al massimo 36 ore. E questa è senza dubbio una buona notizia. E poi qualcosa sta cambiando, perché è di oggi la delibera con la quale l’Asl Napoli3 ha annunciato la volontà di attrezzare una rete inter-ospedaliera basata sul modello hub spoke”.
Non se la passano meglio i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari che, almeno fino ad oggi, non si sono sentiti abbastanza tutelati per la mancanza di dispositivi di protezione adeguati anche se, in questi giorni, l’Asl sta provvedendo ad eseguire test rapidi su tutto il personale.
“Mi hanno assicurato”, aggiunge Antonio Braucci, “che i dispositivi di protezione stanno arrivando. Al momento abbiamo attrezzature limitate e contate. Per esempio, le mascherine Ffp2 e le tute: il personale di turno ne ha una a testa. Ma non abbiamo caschi di protezione, guanti lunghi, calzari o visiere. Dobbiamo arrangiarci e questo è un grosso problema che mette a rischio la salute degli operatori sanitari”.
Una carenza che dovrebbe essere colmata in pochi giorni. “Ho fatto richiesta all’Asl e, con grande sorpresa, ho già ricevuto risposta dai dirigenti che, in uno spirito di collaborazione, hanno già iniziato a spedire nuove forniture di tute, mascherine e caschi. Forse la chiave di volta”, conclude Braucci, “sta proprio nel dialogo e nel confronto. Se i dirigenti dell’Asl venissero a vedere di persona come lavoriamo, forse si renderebbero conto che avremmo bisogno di cinque infermieri per turno, due medici e due operatori socio sanitari. Oltre che di attrezzature e farmaci fondamentali: anche quelli mancano”.