Coronavirus, il Big One e la profezia di Quammen.

Il commento di Stella Cervasio

Più o meno a metà del libro Spillover del divulgatore scientifico David Quammen che lavora per il National Geographic, uscito nel 2012, parlando dell’epidemia di Sars (2003-2004) l’autore ha introdotto il coronavirus– che non è solo quello che provoca oggi l’attuale epidemia di Covid 19, ma un’intera famiglia di patogeni – e ha spiegato come a diffonderlo siano stati sì gli animali, ma tenuti in particolari condizioni e soprattutto mangiati. Il libro di Quammen a un certo punto ipotizza che l’arrivo del Big One, la prossima Grande Epidemia sarebbe stato come l’influenza con alta infettività prima dell’insorgere dei sintomi: insomma, una profezia!

Il libro va comprato, perché si legge come un giallo e non crea imbarazzo a chi non conosce la microbiologia, anzi, potrebbe al contrario produrre molti nuovi microbiologi appassionatisi alla materia proprio su quelle pagine. I capitoli vicini a questo nostro momento sono quelli sulla Sars. E sono anche quelli che fanno capire bene perché non c’è da temere un contagio del coronavirus dagli animali domestici all’uomo. Questo infatti infesta gli animali, ma soprattutto quelli selvatici – Quammen, che parte da Hendra e Ebola, due terribili malattie che sono tutt’altro che affezioni respiratorie anche “severe”, e sono tutt’ora senza vaccino, mentre a quanto pare quello per Covid 19 starebbe per arrivare, è particolarmente propenso a individuare come ospite intermedio i primati, le scimmie antropomorfe.

Ma dove nasce per primo il virus, chi è l’ospite serbatoio, come si chiama l’animale che per primo lo diffonde? Non sempre si riesce a fare studi che possano accertarlo. Per esempio di Ebola si sa che scomparvero dalle foreste africane decine e decine di gorilla, ma dove finirono non è dato saperlo. Non è un caso però che tanto per la Sars dei primi anni del Duemila quanto ora per Covid19 un dito accusatore è stato puntato contro i mercati cinesi (soprattutto della Cina meridionale) cosiddetti “umidi”. In questi mercati dove si macella in luoghi chiusi ma sostanzialmente con igiene pari a zero e si vende cotto e mangiato, in quegli anni si vendevano molte più specie di animali, e tra queste le civette e gli zibetti, che ora sono vietati. Le specie vietate vengono poi vendute clandestinamente da furgoni che appaiono all’imbrunire e vendono la merce a caro prezzo, compresi animali a rischio di estinzione. In questi mercati, che fondano la loro esistenza sulla superstizione (per esempio vengono venduti a un costo proibitivo organi come il pene di tigre, che consentirebbe secondo queste credenze assurde di diventare più virili) gli animali, anche provenienti da allevamenti, vengono tenuti in condizioni di igiene inesistente, in gabbie una sull’altra urinando e defecando quindi attraverso le sbarre gli uni sugli altri, se si infliggono ferite non vengono mai curati e le infezioni, gli insetti, i parassiti sono all’ordine del giorno. Tra questi animali come si sa ci sono anche cani e gatti, serpenti, procioni, pangolini, pipistrelli volpe che sono quelli giganti, e come spiega Quammen in diverse occasioni sono stati trovati coronavirus in questi animali, quando i ricercatori hanno effettuato prelievi in questi mercati.

La selvaticità, la lontananza dall’uomo come consuetudine, le pessime condizioni di igiene, quindi, rendono questo cibo un alimento pericoloso. Ma ai cinesi importa poco, se continuano, pur con le restrizioni degli scorsi anni, a mangiarlo. Due articoli, a nostro avviso, usciti in questi giorni sul web non hanno dato molto nell’occhio se non agli animalisti, ma invece dovrebbero far riflettere. Sono uno sul consumo della carne di zebra, cammello e canguro a Milano e uno sui nigeriani che vendono nutrie arrosto a Torino: avviene in un ristorante con tutte le autorizzazioni a posto e invece in un mercato che è poi stato sequestrato dai vigili urbani. Carne di selvatici. Ricordiamo quello che Quammen ci fa sapere: la mancata familiarità con l’uomo e un controllo nelle fasi intermedie che non è detto ci rassicuri al cento per cento potrebbe comportare rischio nel consumo di queste carni, anche se la nuova categoria che le maneggia ci dirà ovviamente il contrario.

Aggiungo che dovremmo riflettere anche su altre cose: una è la caccia, che fa atterrare selvatici al suolo e poi li fa entrare anche nelle pentole senza alcun controllo. L’altra piacerà ancora meno ai carnivori: bisogna pensare che le epidemie toccano anche e pesantemente gli animali, che in quanto tali vengono uccisi senza riguardo e con i metodi più atroci, quando ritenuti infetti. I nostri allevamenti non abusivi sono controllatissimi, certo, ma prima di mangiare carne, sarebbe bene pensare un attimo che la mucca o il maiale o le migliaia di polli che vengono eliminati perché hanno preso l’aviaria, la brucellosi o la tubercolosi vescicolare o la peste suina, malattie tra le più comuni dovute spesso agli affollamenti degli allevamenti, non sono diversi dal serpente o dalla mini-antilope o il cinghiale stipati in gabbie da dove urinano sulla testa del loro vicino sottostante. E pensiamo anche, come ci dice Quammen, che invadere il “loro” mondo (anche con un atto tanto forte come quello di mangiarli) non è né etico né vantaggioso per entrambi, noi e loro, gli animali.  

Stella Cervasio

Educatore cinofilo, esperta diritti animali.

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1 Comment

  • Bellissimo articolo, sarà sempre troppo tardi quando comprenderemo che sul nostro pianeta la Vita è unica e DEVE essere rispettata in tutte le sue manifestazione. Grazie Stella per le tue belle parole !

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