"Le colpe sono dell'uomo, non della natura". Il duro messaggio del cardinale Sepe al funerale di Imma Marazzo
La toga sulla bara, un cuscino di rose rosse e un cuore di fiori colorati. L’amore, la famiglia, gli amici, il lavoro. È racchiusa in questa immagine, ai piedi dell’altare maggiore della Basilica di Santa Croce, a Torre del Greco, tutta la vita, tutto il bene che Imma Marrazzo, morta il 20 agosto per l’esondazione del Raganello, ha regalato a piene mani alle persone che ha incontrato sul suo cammino.
In prima fila, nella parrocchia gremita come accade solo nelle grandi occasioni, c’è il marito Giovanni Sarnataro. Ingoia l’emozione, finge di sorridere, stringe mani e si lascia coccolare dagli abbracci che arrivano come un balsamo al cuore.
Più defilati, i bambini, Angela e Mario, dimessi dall’ospedale solo qualche giorno fa e ancora sotto shock per la morte della mamma e per quel fiume d’acqua che li ha travolti all’improvviso durante un’escursione alle Gole del Pollino. Protetti dagli amichetti che sembrano angeli custodi, siedono di lato, a pochi metri dalla cappella dell’Immacolata a cui la nonna Nunzia e il nonno Silverio sono devoti.
“La fede” dice Gennaro Marrazzo, il fratello di Imma “ci darà la forza per sostenere il dolore”.
Dure le parole che il Cardinale Crescenzio Sepe ha affidato a don Giosuè Lombardo: “Come per le vittime di Genova, anche in Calabria le colpe sono dell’uomo”.
D’accordo anche il presidente dell’ordine degli avvocati di Torre Annunziata, Gennaro Torrese, che rivolgendosi al marito di Imma, dice: “Dopo il momento del dolore deve arrivare quello della giustizia. Non si chiuda qui questa vicenda. Vengano fuori le responsabilità e i responsabili. Lo dobbiamo a Imma e ai vostri figli”.